I Tassi a casa De Benedetti

Sabato 26 Gennaio

E’ tornato Ugo Fragapane dopo due anni che non ci parlava di musica. Siamo una vera folla, come era prevedibile. Anche una mezza dozzina di imbucati, o di più? Ugo è come di cristallo con robuste venature di pietra. Ci parlerà dell’arpa. L’arpa e Ugo, due nomi brevi. Chi sapeva quanto questo strumento ingombrante, visibilissimo, intrasportabile (solo per gli ignoranti dei carciofolà – arpisti nomadi ndr), arcangelico per definizione, assegnato da sempre alla femmina, ma glorificato soprattutto dagli autori maschi e dal supremo maschio esecutore Nicanor Zabaleta, fosse un pilastro dell’estasi musicale?
Abbiamo ascoltato brani di musiche totalmente ignote, sentito Ugo parlare con familiarità di personaggi e autori mai conosciuti e appreso molte, moltissime cose.
Il flauto e l’arpa, amanti sediziosi, il diavolo e l’acqua santa, Pan e l’Angelo dell’Annunciazione, Debussy, Debussy, Debussy! L’unico noto oltre Mozart e poi un diluvio di nomi nuovi e di musica celestiale sensu strictiori.
La salita verso l’ignoto arpistico culmina con tale Ravenscroft, un inglese che ha arpeggiato un inverosimile favoletta su un ranocchio innamorato di una topolina e complicato la vita di un gatto e un ratto. Ugo serio.
Dopo il rinfresco, a sorpresa, la storia di Viggiano dei viggianesi e i bambini ciechi, una storia per certi versi cupa e angosciante. Una storia di mendicità e di arte, di piccole deformi arpe quadre attaccate al collo del suonatore che presentavano, elemosinando, tarantelle e quadriglie. Storie di vecchi, ritrovate con il solito metodo misterioso di Ugo, che trova sempre l’ago nel pagliaio. Ma è l’ago che si mette a brillare quando lo vede. Come i nostri occhi.

Grazie Ugo.

Pina Salvatori

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